Bracketing e resi a pagamento: cosa sta cambiando nell’e-commerce in Italia

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Il 2024 si è aperto così: “È finita l’era del reso gratuito”.
Esatto, non potremmo più dire «Lo compro, vedo com’è e nel caso lo rendo».
Ma fermiamoci un attimo e cerchiamo di fare ordine: tra titoli sensazionalistici e opinioni contrastanti è bene capire cosa stia realmente cambiando per clienti e retailer.

Stati Uniti

Partiamo dandoti un po’ di contesto: tutto nasce dal fenomeno degli acquisti e resi compulsivi negli Stati Uniti che genera un notevole impatto sui bilanci delle aziende.
Nel 2022, la CNN ha affermato che il 17% dei beni acquistati negli USA è stato restituito. Un dato in aumento rispetto al 2019, in cui la restituzione dei beni viaggiava intorno all’ 8%. Aumento che non si riflette solo in termini di costi per le aziende, ma che inevitabilmente si ripercuote su tutti noi a livello ambientale. 

Ed è così che Amazon ha iniziato a cambiare le regole, o meglio la politica sui resi, rendendoli a pagamento. Mossa copiata da tante altre aziende di moda come Zara, Abercrombie & Fitch, H&M e Anthropologie con commissioni che raggiungono 7 dollari (ben più alte rispetto al colosso americano dell’e-commerce). 

Europa

Il primo paese ad aderire all’abolizione dei resi gratuiti è stato il Regno Unito, come rivelato dal New York Post (e rilanciato da la Repubblica), dove l’81% dei rivenditori ha introdotto un costo aggiuntivo per la restituzione dei prodotti. In questo caso, Zara ha iniziato ad addebitare 1,95 sterline per la restituzione di articoli acquistati online attraverso punti di ritiro gestiti da terze parti (es.:uffici postali), politica similmente adottata anche da Asos.

Italia

Amazon ha annunciato che al momento i resi sono ancora gratuiti entro 30 giorni e non si prevedono modifiche nel prossimo futuro, salvo però alcuni articoli, come CD, DVD, eBook e bevande alcoliche. 

In ambito fashion, ecco come saranno le politiche di reso per alcuni brand: 

  • Zara Italia: conferma che il reso rimane gratuito solo se si porta il capo in negozio, mentre il ritiro a domicilio ha un costo €4,95. 
  • H&M Italia: reso gratis per tutti i membri, altrimenti è previsto l’addebito di €2,99 
  • Abercrombie & Fitch: dal 24 gennaio 2024 si potrà restituire o scambiare capi e accessori solo in boutique o tramite un corriere specifico
  • Yoox: conferma che il reso sarà a pagamento.

A questo punto ci siamo chiesti: basterà rendere i resi a pagamento per contrastare il fenomeno del bracketing, abitudine da parte dei consumatori di comprare prodotti uguali o simili con taglie differenti al fine di tenerne soltanto uno? 
Beh, non proprio. 

La facilità con cui i consumatori rendono un prodotto non è strettamente legata al costo (o meno) dello stesso. Basti pensare che i clienti che acquistano prodotti di fascia medio-alta, non si formalizzano davanti ad una cifra applicata al reso, che risulta un costo sostenibile (o irrisorio) rispetto a quello di acquisto.
Appare chiaro che ci troviamo di fronte ad una situazione per cui i clienti non vengono del tutto scoraggiati dal reso a pagamento, e sebbene il problema si riduca, per contrastarlo serve ben altro. 

Quali sono le soluzioni?

Per mitigare le perdite dovute al bracketing, gli e-commerce stanno implementando una serie di strategie. Qui di seguito, troverai alcune soluzioni che abbiamo consigliato ai nostri clienti e che sono attualmente in uso:

  • approfondire il motivo di reso: non basta segnalare una taglia sbagliata, ma è utile chiedere maggiori informazioni. “Il capo era troppo grande o troppo piccolo? Il colore non era realistico alla foto?” sono solo alcune delle domande per investigare sul reso; 
  • sondaggio: sottoporre al cliente un sondaggio per comprendere cosa poter migliorare nell’intero processo di customer journey; 
  • info aggiuntive: per aiutare il cliente, si possono aggiungere informazioni in merito all’altezza e taglia del/della modello/a così da avere un parametro su basarsi;  
  • utilizzare l’AI: una semplice guida alle taglie non basta più. Ormai l’Intelligenza Artificiale è più che sdoganata, per cui ci si può affidare alla corretta assegnazione della taglia tramite lo smart sizing; 
  • assistenza virtuale: non solo chatbot. Si stanno espandendo sempre più i servizi di chat e videochiamate live in cui è possibile rispondere a tutti i dubbi del cliente in tempo reale. 

Insomma, tutto il panico generato nei primi giorni dell’anno è meno serio di quel che sembra. Da come hai intuito, rimane una libera scelta dell’azienda quella di decidere se addebitare o meno il costo del reso, ma ci teniamo a fare un piccolo appunto sulle spese di spedizione: l’azienda può decidere se addebitarle o meno al cliente, ma in caso di reso vanno sempre rimborsate (diversamente dai dazi, per i quali le regole del Codice del Consumo non valgono). 

 

— 11 Gennaio 2024

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